Cyberbullismo — reprimere, rieducare, informare

--

Video disponibile https://youtu.be/fQw29F9b2yE

Di fronte al problema del cyberbullismo, possiamo immaginare diversi approcci:

  1. a cose fatte, intervenire sul sintomo in modo repressivo
  2. a cose fatte, sul sintomo in modo riparativo
  3. fare prevenzione attraverso l’informazione
  4. fare prevenzione intervenendo su cause profonde

Di quest’ultimo punto — intervenire sulle cause — ci occuperemo la prossima settimana.

Oggi invece ci dedicheremo maggiormente alle prime 3 modalità.

La prima possibilità è che si intervenga a cose fatte, quando malauguratamente capita un caso, e che lo si faccia identificando i ruoli il bullo, la vittima, i complici, gli spettatori passivi.

Questi ruoli esistono e vanno riconosciuti certamente. Ma attuare un approccio punitivo repressivo nei confronti dei colpevoli non equivale ad aver risolto il problema.

La repressione infatti nel migliore dei casi eviterà il ripresentarsi del comportamento problema, ma il soggetto manterrà dentro di sé la forza del suo potenziale emotivo, e questa a poco a poco aumenterà la sua pressione interna, fino a scaricarsi, magari in un altro contesto, dove non ci sia timore di una nuova repressione, oppure direttamente su di sé in atteggiamenti autodistruttivi.

Ammesso e non concesso, che la strategia funzioni, il bullo si potrà costruire una bella maschera, un falso sé, che risulti adeguato al contesto e che compiaccia, o comunque non irriti, l’autorità.

La seconda possibilità consiste nell’identificare gli attori del fenomeno, e considerarli in un’ottica di sistema. In questo senso le responsabilità sono maggiormente condivise, c’è la responsabilità dei gregari, ma anche di chi, per paura o indifferenza, non è in qualche modo intervenuto, fosse anche solo con una segnalazione al social network.

A questo proposito è necessario ricordare che quando condividiamo un post sui social, quando mettiamo il nostro “like” ne diventiamo responsabili, e dunque oltre a contribuire tristemente alla diffusione di contenuti offensivi, rischiamo anche di risponderne penalmente.

Nella prospettiva di riparazione, il bullo, mentre affronta le conseguenze dei suoi atti, intraprende soprattutto un percorso di cambiamento che lo porti a percepire che colui che ha colpito, offeso, umiliato, non è poi così diverso da sé.

Normalmente invece la vittima viene ad essere per così dire, denormalizzata, a essere raccontata come fosse meno umana, meno qualcosa, e pertanto fosse comprensibile, o persino, meritorio, escluderla, umiliarla, farne oggetto di scherno.

Ecco che nei percorsi di conciliazione, gli occhi possono aprirsi e permettere al bullo di turno di diventare finalmente un po’ più umano.

C’è poi una terza via, che agisce non sul caso particolare, ma in un’ottica di prevenzione. È la via dell’informazione rispetto alle dinamiche e ai pericoli della Rete. Questi stessi video che compongono a poco a poco la playlist “Percorsi nel digitale” ne sono un esempio. È necessario conoscere le asperità delle strade digitali per non farsi male.

Rispetto a questa via però, ho potuto constatare spesso che l’informazione si intreccia con la demonizzazione in cui la tecnologia di turno diventa responsabile dei mali.
In questo modo attribuiamo all’esterno le responsabilità, ci sentiamo impotenti di fronte all’avanzata tecnologica e forse l’unica cosa che riusciamo ad immaginare è buttare via computer e cellulari.

È fondamentale invece ricordare che in radice c’è sempre un problema educativo e che le stesse tecnologie possono divenire mezzo di espressione e creatività.

Un altro rischio dell’informazione sul digitale consiste nel far leva sulla paura. Video in cui si vedono problemi antichi come la violenza, la sopraffazione, la sessualità mal vissuta, l’adescamento di minori, che però attraverso la Rete ci arrivano vicini con prepotenza e possono anche raggiungere, al suono di una qualsiasi notifica, nostro figlio che è di là, al sicuro, in camera sua, apparentemente al sicuro.

Questi video servono a colpire la nostra immaginazione e hanno un valore, ma rischiano di essere un fuoco di paglia, che per breve tempo induce in noi uno stato di ansia, passato il quale torniamo ad utilizzare il web con l’inconsapevolezza di sempre.

Siamo chiamati ad immaginare strategie di attacco, che migliorano la Rete, che ne fanno un posto dove si può stare, senza oscillare tra una spensieratezza ingenua o dall’altra parte una paura angosciante.

La prossima settimana parleremo ancora di prevenzione ma per intervenire su alcune cause profonde del fenomeno. Sarà la quarta via per approcciare il problema.

--

--

Andrea Novella - Proposta Pedagogica
0 Followers

Pedagogista, propongo spunti di riflessione pedagogica per educare ed educarci, per poter crescere ad ogni età.